Tunisia: dalla rivoluzione del 2011 alla rivolta del 2021

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Nuove agitazioni in Nord Africa

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Il 17 dicembre 2010, un giovane tunisino di nome Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protestare contro il modo in cui era stato trattato dalla Polizia, dando vita all’ ondata di rivolte diventata nota come Primavera Araba. Oggi, la Tunisia sta vivendo la sua più grande rivolta popolare da allora, con migliaia di persone nelle strade che, settimana dopo settimana, si confrontano con i poliziotti. Nel seguente report, i nostri compagni tunisini spiegano il contesto di questa nuova rivolta, analizzando cosa è cambiato e cosa rimane lo stesso. Quello che vediamo in Tunisia è un assaggio del prossimo round di movimenti rivoluzionari nella zona.

La foto sopra mostra militanti del gruppo antifascista tunisino Wrong Generation con uno striscione che proclama il loro slogan: “C’è rabbia sotto terra.”


Dal 2011 al 2021

In quanto tunisino, le persone mi chiedono sempre: “La rivoluzione del 2011 ha avuto successo?” Non esiste un modo semplice per rispondere senza descrivere le lotte dell’ultimo decennio. In generale, la nostra analisi è che la Tunisia contemporanea assomiglia alla maggior parte delle altre Democrazie che esistono sotto il capitalismo globale. Affrontiamo le stesse crisi politiche ed economiche, la stessa violenza di Stato, le stesse domande.

La Tunisia è stata la culla delle rivolte che hanno travolto il Nord Africa e il Medio Oriente, ed è l’unico Paese della regione ad aver deposto il suo dittatore senza subire un colpo di stato militare come in Egitto o una guerra civile come in Siria. Detto questo, non è neanche un’utopia. Il Paese ha visto oltre dieci Governi negli ultimi dieci anni e molti conflitti. Un decennio dopo il rovesciamento del Governo, le nostre richieste rimangono le stesse: “Dignità, libertà, giustizia.”

La rivolta del gennaio 2011 ha riunito una vasta gamma di persone, dagli arrabbiati e disoccupati ai fondamentalisti islamici, ai marxisti, al Partito Pirata e un pugno di anarchici. 1 Al culmine della rivoluzione, il 14 gennaio 2011, il nostro ex dittatore Ben Ali e la sua famiglia fuggirono in Arabia Saudita. Alcuni membri della sua famiglia finirono in prigione ma il suo partito politico è rimasto attivo e la business class tunisina è diventata solo più potente.

Il primo Governo dopo l’insurrezione fu guidato dal primo ministro del regime precedente, seguito da un altro Governo i cui membri facevano anche parte del vecchio regime. Entrambi fallirono, lasciando il posto al nuovo sistema elettorale. La prima “elezione equa e giusta” della storia tunisina si svolse alla fine del 2011, scegliendo un’Assemblea Costituente eletta dal popolo e incaricandola di scrivere una nuova Costituzione. Proprio come Mohamed Morsi dei Fratelli Musulmani vinse le elezioni presidenziali dopo la rivoluzione egiziana, in Tunisia, Nahdha, un partito fondamentalista islamista, ottenne la maggioranza dei seggi in queste elezioni dirette contro gli altri partecipanti alla rivoluzione.

Nel 2013, lo stesso anno in cui ebbe luogo il World Social Forum (Forum Sociale Mondiale) in Tunisia, due importanti figure che cercavano di unificare la sinistra furono assassinate misteriosamente: Chokri Belaid e Mohamed Brahmi. Tutte le prove portano verso fondamentalisti islamici. Dal 2011 al 2016, organizzazioni fondamentaliste islamiche con ideologie simili all’ISIS accumularono potere grazie all’appoggio del Nahdha. La Tunisia fu uno dei principali esportatori di volontari verso l’ISIS; in Tunisia, dal 2011, ci sono stati almeno cinque grandi attacchi terroristici. Tuttavia, il fondamentalismo islamico è meno diffuso qui che in molti Paesi di questa zona.

Uno dei primi movimenti significativi dopo la rivoluzione è stato “Manich Msemeh” (“Non perdonerò”), in cui i giovani si sono uniti per combattere la Legge di riconciliazione del 2014, che avrebbe dovuto perdonare coloro che erano coinvolti nei regimi precedenti la rivoluzione.

Heythem Guesmi, rivoluzionario e membro del movimento Manich Msemeh, pensa che sia una vittoria, in quanto movimento orizzontale, di rottura rispetto al sistema partitico ortodosso promosso dai vari partiti comunisti di sinistra. A suo avviso, “la rivoluzione ci è stata rubata” e la Legge di riconciliazione non fece altro che intensificare tale sentimento. Egli osserva che nonostante le organizzazioni della “società civile” (cioè i gruppi liberali) si fossero unite al movimento nella sua seconda fase, si concentrarono solo sulla tecnicità della Legge lavorando con le istituzioni legali per opporsi - mentre i rivoluzionari nel movimento si concentrarono anche sulle implicazioni filosofiche della restituzione del potere a coloro che avevano governato la Tunisia negli ultimi 50 anni. Alla fine, la legge non fu approvata.

Ahmed Tlili, militante tunisino, sottolinea anche l’importanza delle piccole vittorie nella costruzione di una nuova generazione. Per oltre 50 anni sotto Ben Ali e Bourguiba, i precedenti dittatori, i tunisini vissero sotto totale sorveglianza; furono esiliati, torturati o uccisi per aver stampato volantini politici o cantato canzoni che avrebbero potuto essere interpretate come anti-establishment. Questa nuova generazione è cresciuta in condizioni diverse, senza censura di Internet, con più libertà di espressione, avendo visto cosa significa combattere una dittatura. Tutto ciò ha costruito una generazione che è più assertiva nel resistere alla Polizia e al patriarcato rispetto alle precedenti.

26 gennaio 2021. Foto di Noureddine Ahmed .


Il partito islamico Nahdha ha recentemente stretto un’alleanza con “Kalb Tounes,” il partito liberale - il cui leader è in carcere per riciclaggio di denaro, grazie a un gruppo di giovani tunisini che ha seguito il caso per anni - e il Constitutional Democratic Rally (RCD), il partito di Ben Ali e l’unico partito al potere dall’inizio dell’indipendenza tunisina nel 1956 fino alla rivoluzione del 2011. Quest’alleanza costituisce la maggioranza assoluta in Parlamento, simbolo di corruzione e una delle principali cause di povertà, diseguaglianza e patriarcato. Questo ha lasciato la gente senza speranza di riforma, facendola arrivare alla conclusione che l’unico modo per andare avanti sia l’insurrezione o un’altra rivoluzione.

I primi segnali dell’attuale rivolta sono apparsi tre mesi fa. Nel novembre 2020, un deputato del Parlamento ha pronunciato un discorso contro l’aborto, definendo tutte le donne “liberate” “puttane,” riferendosi nello specifico alle madri single. L’8 dicembre, le donne hanno protestato davanti al Parlamento, portando cartelli con la scritta “Siamo tutte puttane fino alla caduta del patriarcato.” Due giorni dopo, il Parlamento ha annunciato il bilancio per il 2021, facendo infuriare molte persone. Nel bel mezzo della pandemia di COVID-19, sono state stanziate pochissime risorse per la salute pubblica.

Nonostante la crisi economica scatenata dalla pandemia, all’inizio di gennaio il Governo ha acquistato una flotta di nuovissime camionette antisommossa e 60 veicoli destinati alla Polizia tunisina.

Nonostante - o meglio, a causa - della crisi economica indotta dalla pandemia, il Governo tunisino ha speso molto denaro in veicoli con cui trattare brutalmente i manifestanti.

Il 9 gennaio, i tifosi di calcio sono scesi in strada per protestare contro la corruzione del Presidente della loro squadra, Le Club Africain. In Tunisia, il calcio è sempre stato politicizzato; è l’unico mezzo di espressione o di piacere lasciato alla classe operaia. C’è una lunga tradizione di slogan calcistici che promuovono l’egualitarismo e la ribellione. Allo stesso tempo, i Presidenti delle squadre di calcio sono sempre stati coinvolti nel Governo: un ottimo piano per riciclare il denaro. Nella loro protesta, i tifosi hanno inquadrato Le Club Africain come simbolo di ciò che sta accadendo in tutto il Paese. La Polizia ne ha arrestati 300, di cui 200 minorenni. Questo ha fatto infuriare molte persone.

Il 14 gennaio 2021 sarebbe dovuto essere il decimo anniversario della vittoria della rivoluzione tunisina. La sera del 12 gennaio, il Governo ha annunciato che ci sarebbe stato un lockdown dal 14 al 17 gennaio. Ciò è stato giustificato con la pandemia di COVID-19 ma il vero motivo era ovvio. Il 14 gennaio, migliaia d’individui si sono radunati per le strade sfidando il lockdown.

Oggi, dall’inizio dei disordini, sono state arrestate oltre 1.600 persone. Questo movimento riunisce una nuova coalizione che coinvolge tifosi di calcio, studenti, anarchici, comunisti, contadini e altri ribelli. Degna di nota è l’assenza dei fondamentalisti che hanno svolto un ruolo così significativo sia nell’espansione sia nel tradimento della rivolta del 2011. Il prossimo round di movimenti affronta un contesto in cui il fondamentalismo islamico è associato allo Stato e la ribellione deve riunire una massa critica per opporsi dall’esterno.

Nonostante la Tunisia sia un piccolo Stato, con una popolazione non molto superiore a quella di New York, è stata ripetutamente una spia per gli eventi in tutta la regione. È etnicamente e religiosamente più omogenea di molti Paesi vicini; quando la rivolta scoppia in queste condizioni relativamente stabili può indicare che è probabile che si diffonda. Ciò è sintomatico quando entriamo nella crisi economica globale indotta dalla pandemia di COVID-19.


La propaganda elettorale non è una soluzione

Con le ultime elezioni si è assistito a qualcosa di mai visto prima in Tunisia: tre milioni di persone - il 70% degli elettori - hanno votato per Kais Saeid, un professore di Diritto senza affiliazione a nessun partito politico di sorta. Ha finanziato la sua campagna con 3.000 dinari (1.000 dollari) suoi e con piccole donazioni. A differenza dei candidati di altri partiti, Saeid ha rifiutato la consueta “indennità” di 60k dal Governo, o dovrei dire, dalle tasche della gente comune, per sponsorizzare le campagne elettorali. Un Presidente che suonava e si comportava come “onesto,” ha ripetuto più e più volte di stare con il “popolo” e non con i partiti politici. Per la mentalità tunisina, “abbiamo vinto contro la corruzione.”

Nei suoi primi mesi in carica, Saeid ha deciso di continuare a vivere nella sua modesta casa in un quartiere borghese anziché nel palazzo presidenziale, prendendo il suo caffè mattutino nel bar locale. E proprio questa settimana, il 3 febbraio 2021, nel mezzo di una manifestazione con scontri tra dimostranti e poliziotti, il Presidente ha fatto una visita a sorpresa per le strade, parlando con le persone e ascoltando le loro “richieste.” Ha ripetuto più e più volte lo stesso discorso: “Io sto con voi: il popolo, e non vi lascerò essere un boccone in bocca a politici corrotti.” Ha persino denunciato la Polizia, dicendo: “Non esistono poliziotti buoni e poliziotti cattivi, proviene tutto dal Governo.”

Sembra una favola per bambini su un monarca benevolo, travestito da persona normale, che amava i suoi sudditi e viveva in una casetta modesta anziché in un lussuoso castello. Eppure le persone si sono lentamente rese conto che avere un Presidente “gentile” non sta cambiando la loro situazione, né ha facilitato le loro lotte. La gente vede che il sistema elettorale non è riuscito a realizzare il cambiamento più e più volte - che il vero potere è nelle mani del Governo, cioè del Parlamento e dei Ministri e soprattutto della Polizia, o nelle loro stesse mani quando scendono in piazza.

Democrazia in Tunisia

Anche dove non si è conclusa con una grave oppressione o con una guerra civile, la cosiddetta Primavera araba è stata in gran parte incanalata in movimenti per la Democrazia elettorale, con gli stessi risultati deludenti che tali movimenti hanno ottenuto in Europa , Stati Uniti e America Latina .

Oggi, in Tunisia, la parola “Democrazia” ha connotazioni quasi sempre negative tra le sinistre. È perlopiù associata al capitalismo e agli attuali Stati democratici (neo)liberali e, ovviamente, all’imperialismo. Tuttavia, vi sono opinioni divergenti su cosa dovrebbe essere utilizzato per sostituire la Democrazia.

I gruppi comunisti esistenti in Tunisia hanno partecipato alla lotta per l’indipendenza dalla Francia, poi sono stati costretti alla clandestinità per 50 anni, affrontando repressione e prigionia, tortura e assassinio. Per loro, è stato un sogno diventato realtà partecipare a un sistema elettorale per la prima volta nella storia e svolgere un ruolo di gruppo di opposizione nel processo di redazione della nuova Costituzione.

Tuttavia, esiste una controversia intergenerazionale su come interpretare la lotta in corso. Vediamo una persistente esperienza traumatica che colpisce le generazioni più anziane, per esempio, nel loro rifiuto di utilizzare strumenti tecnologici (né la messaggistica digitale né la pubblicazione di articoli online) per timore della sorveglianza. Sono critici nei confronti del decentramento poiché credono che il sistema partitico sia l’unico modo per rovesciare il Governo, anche se non partecipano alle elezioni.

Invece, tra le giovani generazioni di sinistra c’è uno spirito nuovo. La gente vede che la “Democrazia” non garantisce l’attuazione delle cose richieste dalla rivoluzione. Da qualche anno a questa parte si assiste a un interesse crescente per il decentramento.

Heythem Guesmi osserva che ci sono due modi per procedere verso la sostituzione della Democrazia. L’approccio “politico” sarebbe di stabilire un sistema federale alla Bookchin, con responsabilità a rotazione. A esser sinceri, tale sistema somiglia a quello proposto dal Presidente Kais Saeid. In ogni caso, ciò richiederà una lotta a lungo termine.

Nel breve termine, facendo riferimento a David Graeber, gruppi più piccoli già legati da affinità materiali possono cercare una causa comune con altri gruppi per costruire un’autonomia collettiva. Heythem afferma: “Anche le piccole esperienze come organizzare un barbecue in un parco pubblico rappresentano un passo verso l’occupazione dello spazio pubblico e il contatto con la nostra identità e le nostre lotte.”

Durante una protesta contro il disegno di legge che concede l’immunità alla Polizia, Wajdi Mehwachi mostra una banconota da dieci dinari come simbolo della corruzione della Polizia. Islam Hakiri, noto fotografo e giornalista, è stato picchiato e arrestato durante questa manifestazione.

Brutalità della Polizia

Negli ultimi anni, il Governo tunisino ha voluto approvare una legge che concede immunità totale alla Polizia. Nel disegno di legge c’è anche un sottoparagrafo da approvare che dice che le persone possono essere incarcerate per “aver ferito i sentimenti degli agenti.”

L’attivista Wajdi Mehwachi è stato arrestato e ora viene torturato in prigione per la fotografia qui sopra. Il suo gesto simboleggia la corruzione della Polizia che non arresta le persone che hanno i mezzi per corromperla, quelle che detengono il potere nella società.

Una fotografia di Islam Hakiri.

Il Sindacato di Polizia è in sciopero dal 28 gennaio, sostenendo di essere stato oggetto d’insulti e umiliazioni. Umiliazioni, come le persone che lanciano vernice colorata sui loro scudi in risposta al loro sparare lacrimogeni e picchiare la gente. Il loro “sciopero” ha fatto sì che non portassero gli arrestati in Tribunale, causando ritardi per le sentenze e tenendo la gente in prigione ma non ha impedito agli ufficiali di usare i loro manganelli e le loro moto per attaccare i manifestanti, anche quando non sono in servizio. Oggi, l’impunità della Polizia è al suo peggio dai tempi della rivoluzione.

Hichem Mechichi, il politico che guida la coalizione a capo del Parlamento e, quindi, leader de facto del Governo, appare ancora sui media, sostenendo la Polizia e denunciando “ogni forma di ribellione.” Ciò non sorprende dopo il suddetto acquisto di veicoli antisommossa dalla società francese Marseille Manutention. Da allora, la Francia ha sostenuto Ben Ali e ogni Governo tunisino per proteggere il proprio mercato nelle loro ex colonie in Nord Africa: compagnie tecnologiche e petrolifere, alberghi e simili. L’interferenza francese negli affari tunisini è guidata dagli attori più reazionari in Francia 2: il caso inventato “antiterrorismo” contro gli attivisti di Tarnac è stato guidato dal Ministro dell’Interno francese Michèle Alliot-Marie, che dichiarò anche che la Francia avrebbe dovuto inviare truppe a sostegno di Ben Ali prima che il sostegno alla Primavera araba diventasse di moda per i politici statunitensi ed europei.

Femminismo

Le lotte femministe sono state vitali per la nuova ondata organizzativa. Dalla rivoluzione, abbiamo visto una versione tunisina del movimento #metoo, spazi più LGBTQI-friendly e arte più progressista. Ciò è significativo, in una parte del mondo in cui omofobia e misoginia sono dilaganti.

All’inizio di gennaio 2021, il governatore di Gafsa, una provincia [stato] del sud-ovest, ha escluso le donne i cui mariti sono impiegati dalla candidatura per lavori governativi. Le donne di Gafsa hanno chiesto il divorzio di massa, affermando che tutte le donne di Gafsa cui è stato negato il diritto alle pari opportunità a causa dei “mariti che lavorano” stanno chiedendo il divorzio.

“Siamo seri, stiamo ottenendo un divorzio di gruppo, abbiamo studiato altrettanto duramente, abbiamo conseguito la stessa laurea ed è nostro diritto fare domanda per lo stesso lavoro,” ha detto una delle manifestanti.

I poliziotti non sono un problema solo durante le proteste; fanno anche parte delle fondamenta della società patriarcale in Tunisia. Tutte le donne testimoniano di essere state vittime di molestie sessuali da parte di agenti, è una sorta di conoscenza comune tra le donne, un’esperienza condivisa almeno una volta nella vita - se non molte di più - se sei una donna tunisina.

Una manifestante che sfida gli agenti in quanto difensori del patriarcato.

Di fronte al rifiuto e alla ribellione delle donne, la Polizia indossa le vesti di “tutore maschio.” Mentre, in Tunisia, bere alcolici o mostrare affetto in pubblico non sono reati, gli agenti spesso minacciano di chiamare i genitori delle donne viste mentre hanno questi atteggiamenti, fatto che potrebbe metterle in situazioni ancora più pericolose nel caso in cui provengano da famiglie conservatrici.

Consiglio a tutti di guardare La Belle et la Meute, film del 2017 diretto da Kaouther Ben Hania, basato sulla storia vera di una donna violentata da un agente di Polizia e sugli insulti e le umiliazioni che ha dovuto affrontare quando ha cercato di sporgere denuncia. Anche se questa storia potrebbe sembrare eccezionale, le molestie sessuali da parte dei poliziotti sono un calvario quotidiano per le donne tunisine.

Ahmed Tlili, il già citato militante tunisino, osserva anche che il Nahdha ha usato il suo potere in Parlamento per prender piede in tutte le altre istituzioni della società. Ciò ha aiutato il Partito Islamico a diffondere l’ideologia conservatrice attraverso scuole, centri culturali, media. Questioni come l’opposizione all’aborto, per esempio, non erano mai state discusse prima della rivoluzione ma ora stanno guadagnando una notevole visibilità. Quando la sinistra radicale ha cercato di affermare nuove idee, queste sono state “elitarie e molto borghesi,” esterne dal contatto con la classe operaia e i poveri, o, quando hanno guadagnato terreno, la Polizia ha usato argomentazioni religiose per giustificare la repressione della sinistra in generale e delle attiviste in particolare.

Lotta di classe

Le intere regioni del sud e del nord-ovest tunisino sono socialmente e politicamente emarginate, insieme a tutti i quartieri della classe operaia. Heythem Guesmi sottolinea che tale emarginazione è simile al processo stesso di colonizzazione. Fa riferimento a un libro non tradotto di Sghaier Salhi intitolato Colonialismo interno e sviluppo diseguale , in cui viene spiegato che quest’emarginazione è il risultato di secoli di sfruttamento delle regioni interne ricche di risorse, risalenti al XIII secolo. Ciò ha creato una rete di “famiglie dell’alta borghesia” che ancora oggi governano.

Le opportunità economiche sono disponibili solo per l’alta borghesia; in Tunisia, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 35%. La pandemia di COVID-19 ha ampliato questo divario: è stato segnalato che in 70.000 hanno perso il lavoro. Questi numeri non tengono conto del mercato nero in Tunisia, dove lavora la maggior parte delle persone: mercati locali, camion di cibo, negozi di sartoria, lavori edili e simili.

Manifestanti si scontrano con la polizia nel quartiere tunisino Ettadhamen la sera del 19 gennaio.

Il divario di opportunità e diritti si estende a settori vitali. Le scuole pubbliche sono chiuse, mentre quelle private hanno le risorse per insegnare online; gli ospedali pubblici hanno raggiunto i limiti di capacità, mentre quelli privati sono accessibili ai ricchi; persino l’arte è diventata un’esclusiva dei ricchi in incontri privati, mentre i teatri e le sale da concerto sono chiuse. Nello stesso tempo in cui la crisi economica ha fornito al Governo una scusa per imporre tasse più elevate alla classe lavoratrice, tagliando i programmi di assistenza sociale, non ha impedito loro di offrire schemi di evasione fiscale dell’alta borghesia, come “Nel 2020, nessuna tassa per i proprietari di yacht.”

Al momento, due uomini tunisini stanno affrontando 30 anni di carcere per aver fumato marijuana in un luogo pubblico. Il consumo o il possesso di marijuana comporta una pena fino a 5 anni e da 10 a 20 anni in più nel caso in cui il fatto sia avvenuto in un luogo pubblico. La quantità di anni è soggetta all’interpretazione del giudice. Queste leggi furono originariamente create nel 1992, quando il cognato dell’allora dittatore Ben Ali fu arrestato in Francia perché coinvolto in una rete di traffico di droga. Quello scandalo mise Ben Ali sotto pressione internazionale e per questo creò una legge (Art. 52 del codice penale) per imprigionare tutti i consumatori di marijuana e di droghe pesanti.

Il nuovo Governo ha adattato questa legge sotto la pressione dell’opinione pubblica, abbassando la condanna da zero a cinque anni ma lasciandone l’interpretazione al giudice. Ciò intensifica la discriminazione di classe; sappiamo tutti che un borghese non andrà mai in prigione per aver fumato della marijuana. I manifestanti chiedono che questa legge venga abolita.

Heythem Guesmi sostiene che i fondamentalisti islamici sono riusciti a reclutare così tanti volontari perché sono stati inseriti in comunità emarginate, nei caffè locali, nelle moschee e nelle università povere, mentre la sinistra “tradizionale” è rimasta elitaria e borghese, promuovendo una comprensione riformista della Democrazia. In un certo senso, questi fondamentalisti hanno più cose in comune con la sinistra rispetto ai liberali, poiché hanno combattuto la Polizia, lo Stato e l’imperialismo americano. Il disaccordo riguarda ovviamente gli obiettivi del movimento e gli strumenti con cui combattere. Purtroppo, negli ultimi dieci anni di Democrazia in Tunisia, hanno riscosso più successo nel costruire il loro movimento e imporre la loro egemonia rispetto alla sinistra perché sapevano come entrare in contatto con le comunità emarginate.

In Tunisia c’è una diffusa crisi d’identità che spinge le persone a lasciare il Paese, legalmente o illegalmente, perché non sentono di farne parte, oppure a rivolgersi all’ISIS, che ha dato loro un’identità sotto forma di fondamentalismo islamico. Alla maggior parte dei tunisini manca un senso di appartenenza, poiché sono stati emarginati – a eccezione dell’alta borghesia, che ha molte ragioni per essere grata allo Stato.

La lingua stessa presenta un’altra sfida che deve essere affrontata dalla sinistra odierna. Testi filosofici e libri di Storia - e persino articoli sui movimenti internazionali - o non compaiono affatto in arabo o compaiono solo in traduzioni scadenti e, di sicuro, non nel dialetto tunisino. Heythem ha lavorato a un podcast che mira a divulgare concetti e lotte in tunisino, tra cui lotta di classe, imperialismo, identità e simili. Sebbene il suo podcast non stia creando una nuova filosofia, constata di ricevere molto sostegno e interesse non solo da élite e compagni, ma anche dalle cosiddette persone “normali.”

Rosa Luxembourg ha sostenuto che il ruolo dei militanti, degli attivisti e della sinistra in generale è fornire i mezzi per la lotta e offrire solidarietà alle masse invece di “pensare al loro posto.” Un partito che parla per i lavoratori, “rappresentandoli” - per esempio nei Parlamenti - e agendo al loro posto diventerà uno strumento della controrivoluzione.

Post-colonialismo

Non è un segreto che l’economia tunisina sia in crisi. In tutto ciò, l’FMI (Fondo monetario internazionale) svolge un ruolo importante poiché si rifiuta di concedere prestiti alla Tunisia. Sotto il capitalismo globale, l’FMI svolge il ruolo di garante globale per le banche internazionali e per gli investimenti esteri. Sebbene i prestiti dell’FMI siano generalmente piccoli e insufficienti, nel 2013 e nel 2016 ha concluso due accordi con la Tunisia che non sono stati attuati.

Il mese scorso, l’FMI ha minacciato di rifiutare prestiti alla Tunisia se questi accordi non fossero stati rispettati. Le disposizioni includono la riduzione degli stipendi dei dipendenti del settore pubblico, il licenziamento di una certa percentuale di loro, la creazione di un comitato sotto la supervisione dell’FMI per la gestione del settore pubblico e la privatizzazione delle società nazionali di elettricità, acqua e telecomunicazioni. La Tunisia ha già privatizzato la compagnia dei fosfati, del tabacco e dei pochi giacimenti petroliferi esistenti a sud.

Il piano del Governo tunisino per affrontare i bisogni della popolazione. Fotografia di Yassine Gaidi .

Questi accordi con l’FMI sono stati approvati da Hichem Mechichi, il capo de facto del Governo, e disapprovati dal Presidente Kais Saeid. Possiamo interpretare questo disaccordo come mossa politica per determinare chi rimarrà al potere. Se la controversia non verrà risolta, il Parlamento potrebbe sciogliersi e portare ad altre elezioni. Secondo Nadhmi Boughamoura, militante tunisino, questo è uno dei motivi per cui la Polizia è stata così brutalmente violenta negli ultimi mesi. Il Partito islamico ha temuto di andare incontro allo stesso destino toccato al Partito islamico in Egitto nel 2013 ; di conseguenza, ha costruito un’infrastruttura integrata con il Ministero degli Interni, nel sistema giuridico e nell’Esercito, preparandosi a qualsiasi insurrezione o rivoluzione contro di sé e l’attuale Governo. Ha anche cercato di sviluppare il quadro giuridico per formare una milizia armata esclusiva del Partito islamico.

Secondo Nadhmi, se la Tunisia accettasse il piano dell’FMI ciò equivarrebbe a un suicidio dal punto di vista economico e sociale. Una maggiore privatizzazione causerà più sfruttamento, distruggendo il sistema sanitario e le poche infrastrutture di assistenza sociale attualmente esistenti. Afferma: “[Opporsi] alla corruzione dei partiti esistenti è urgente ma non sufficiente; il movimento deve essere contro un capitalismo anti-globale costruendo strutture socio-economiche radicalmente nuove.”

Una lotta globale

Anziché vedere questa situazione come una questione di problemi locali di un piccolo Paese, la vediamo in un contesto globale, poiché in un mondo globalizzato tutte le lotte sono collegate. Combattere in un posto significa combattere ovunque. Ne consegue che abbiamo bisogno di solidarietà internazionale.

Nella prefazione del suo libro Calibano e la strega , Silvia Federici, femminista radicale di tradizione marxista e anarchica autonomista, ricorda quando era professoressa in Nigeria:

“Il governo nigeriano avviava con il Fondo Monetario Internazionale negoziati con l’FMI e la Banca mondiale. Lo scopo dichiarato di questo programma era di rendere la Nigeria competitiva sul mercato internazionale. Ma si è reso subito evidente che [questo] era volto a distruggere le ultime vestigia di proprietà e rapporti comunitari. Vi furono attacchi alle terre comuni e un decisivo intervento dello Stato (istigato dalla Banca Mondiale) nella riproduzione della forza-lavoro: regolare i tassi di riproduzione e ridurre le aspettative di una popolazione considerata troppo pretenziosa e indisciplinata in una prospettiva di un suo potenziale inserimento nell’economia globale… Ho anche assistito all’evolversi di una campagna misogina che denunciava la vanità e le eccessive richieste delle donne.”

“In Nigeria, mi sono resa conto che la lotta contro l’adeguamento strutturale risale alle origini del capitalismo nell’Europa e nell’America del XVI secolo.”

La rivoluzione tunisina è stata riformista. Oggi, la paura principale che vediamo serpeggiare nelle strade è che la Storia si ripeta con la cooptazione di richieste di cambiamento radicale, riducendole al riformismo. L’unico modo per proteggere queste richieste è attraverso un movimento internazionalista. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un movimento internazionalista per promuovere ovunque la consapevolezza di tutte le lotte e per combattere il capitalismo.

Lo striscione è una versione araba dello slogan spagnolo “El pueblo unido jamás será vencido:” il popolo, unito, non sarà mai sconfitto.

Nuovi orizzonti

“The Wrong Generation” è un giovane collettivo anarchico e antifascista tunisino di rottura con la sinistra ortodossa. Non vogliono un sistema di partito, non vogliono un leader o un portavoce; vogliono un cambiamento radicale. Uno dei motti che hanno reso popolare è “Tahet zliz fama takriz” (“C’è rabbia sotto terra”) - ispirato o al poeta tunisino Abou El Kacem Chebbi, che combattè contro la colonizzazione, rivolgendosi ai colonizzatori francesi con lo slogan “Attenzione, c’è il fuoco sotto la cenere!” oppure al motto della rivolta del maggio 1968 in Francia, “Sous les pavés, la plage!” (“Sotto il selciato, c’è la spiaggia!”)

Maryam Mnaouar, militante tunisina durante il regime di Ben Ali e avvocatessa che difende i manifestanti pro bono, ha ricevuto dal capo del Governo l’ordine di sospendere per un mese tutte le attività del suo gruppo “Il Partito tunisino.” Per quanto opprimente possa sembrare, questo è un segno del Governo che teme la sua voce e il crescente sostegno che sta ricevendo.

Nadhmi Boughamoura, membro del sindacato studentesco di sinistra e attualmente coinvolto nell’organizzazione comunista “Struggle,” sta ora lavorando con i manifestanti per organizzarsi sotto un’unica coalizione.

Nadhmi ha osservato che questa è la prima volta che assistiamo a una coalizione tra comunisti, tifosi di calcio, membri del sindacato studentesco di sinistra, contadini e anarchici. Nadhmi sottolinea che, in Tunisia, il mese di gennaio è sempre stato un simbolo: la rivolta del pane del 1984, la rivolta del bacino minerario del 2008 e la rivoluzione del 2011 hanno avuto luogo a gennaio. Nadhmi ha tuttavia osservato, con un tono più pessimista, che una delle sfide da affrontare è come trarre vantaggio da questo spirito rivoluzionario e non farlo dissolvere com’è accaduto dopo le rivolte precedenti. Le principali richieste di questa nuova coalizione sono di abolire la repressione della Polizia e respingere le imposizioni dell’FMI, un’organizzazione che protegge il capitalismo globale e sfrutta non solo la Tunisia ma tutti i Paesi africani.

La sinistra non è ancora sufficientemente organizzata; dobbiamo coltivare strategie migliori per rovesciare il Governo e apportare cambiamenti radicali. Oggi, i gruppi “Wrong Generation” e “Struggle” si presentano con strategie non ortodosse, mentre i vecchi partiti di sinistra sono assenti a causa dei loro metodi tradizionali di organizzazione e guida e della loro mancanza di comprensione delle dinamiche che la nuova generazione sta introducendo.

Durante i 50 anni che seguirono l’indipendenza tunisina, due dittatori governarono il Paese, schiacciando ogni speranza d’insurrezione. Nel decennio successivo alla rivoluzione, le persone hanno investito molta fiducia nel sistema elettorale, sperando che un’elezione equa e giusta potesse creare una società egualitaria. Eppure questi sistemi molto diversi hanno prodotto lo stesso risultato.

Entrate in contatto con i ribelli tunisini

Il gruppo antifascista Wrong Generation ha una pagina Facebook qui .

Qui potete ascoltare il podcast di Heythem Guesmi.

La campagna nata durante queste ultime proteste, “il programma del popolo contro il programma dell’élite,” ha una pagina Facebook qui. Qui potete leggere una traduzione delle richieste della campagna.

Siti d’informazione

  • inhiyez.com/ : un progetto mediatico indipendente che affronta la povertà, la classe lavoratrice e gli oppressi in generale.
  • Inkyfada : notizie multilingue nella regione
  • Nawaat :un sito di notizie multilingue

  1. Per esempio, il gruppo artistico “Ahel el Kahef “ (“Cavernicolo”). Il nome è ispirato a una Sura del Corano intitolata Alkahef. Erano artisti che cercavano di favorire il rapporto tra la gente e il proprio Paese, le strade, i luoghi pubblici e il lavoro sulla base dell’appartenenza tunisina, in un momento in cui c’era una chiara crisi d’identità. Hanno detto “Mohamed Bouazizi è il primo artista plastico in Tunisia.” Un altro gruppo anarchico che ha preso parte alla rivolta del 2011 è stato il Disobedience Movement, che ha invitato le persone a occupare, fare scioperi generali e disobbedire socialmente in modo diffuso. Il movimento per la disobbedienza sosteneva che l’auto-organizzazione dei ribelli per l’azione rivoluzionaria, rompendo con i partiti e i sindacati burocratici e gerarchici, rappresentasse l’unica via rivoluzionaria. ↩ 

  2. La Francia non ha mai voluto rinunciare alle sue colonie; ciò si palesa nel recente rifiuto del Presidente Emmanuel Macron di scusarsi per la brutalità e lo sfruttamento francesi in Nord Africa. Ma negli anni Cinquanta, la Francia dovette scegliere le sue battaglie. I ribelli in Algeria avevano costituito l’FLN, un gruppo specializzato di guerriglieri armati. Poiché l’Algeria aveva preziose risorse naturali e una comunità francese molto più ampia con sede a Orano e Algeri, la Francia si concentrò sul mantenere l’Algeria, organizzando una transizione della Tunisia verso l’indipendenza in cui il nuovo Governo avrebbe continuato a sostenere gli interessi francesi. Ben Ali ha mantenuto questa relazione, quindi per 50 anni il controllo francese del mercato in Tunisia è stato assicurato - è stato solo nel 2011 che è stato minacciato. ↩